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Innamorati del proprio lavoro, da tre generazioni

 

Giulio Masnari ha 48 anni e quando ne aveva 18 ha iniziato a lavorare come tecnico manutentore alle centrali idroelettriche Italgen di Mazzunno, Dezzo e Idrodezzo, che si trovano in Lombardia, là dove la Val Camonica e la Val di Scalve separano la provincia di Brescia da quella di Bergamo. Sono gli stessi luoghi dove nei primi anni del ‘900 iniziò la storia di Italgen, la cui nascita è ricondotta alla costruzione della Centrale idroelettrica del Dezzo, realizzata su intuizione di Cesare Pesenti che, fresco di laurea in ingegnere idraulica, ebbe l’idea di sfruttare l’energia dell’acqua per alimentare le cementerie. Ed è proprio in quei luoghi e in quegli anni che la storia della famiglia Masnari s’intreccia con la storia industriale di Italgen, sia il nonno che il papà di Giulio lavoravano infatti per Italgen, che al tempo era ancora parte del Gruppo Italcementi.

Mio nonno Carlo ha lavorato dal 1921 al 1964 alla Centrale idroelettrica di Mazzunno, prima come tecnico e successivamente come responsabile impianto. Purtroppo, non l’ho mai conosciuto, ma ricordo nitidamente che mia nonna esponeva con orgoglio in casa la foto di quando il nonno ricevette dall’ing. Giampiero Pesenti la medaglia per i suoi quarant’anni di servizio in azienda”, racconta con un pizzico di commozione. “La storia della mia famiglia è profondamente legata al territorio e a questa azienda – spiega Giulio – dopo mio nonno, infatti, anche mio papà Enrico ha lavorato in centrale, dal 1964 al 1994”.

Ed è proprio dal papà che Giulio ha raccolto il testimone nel 1994, quando ha iniziato a lavorare in Italgen come tecnico. Oggi Giulio si occupa della manutenzione degli impianti di Mazzunno, Dezzo e Idrodezzo, un compito fondamentale per assicurare la perfetta e completa efficienza degli impianti, che lavorano h24, 7 giorni su 7.

Grazie ad una regolare manutenzione, anche preventiva, ed a un costante monitoraggio di numerosi parametri di funzionamento siamo in grado di assicurare livelli di disponibilità degli impianti superiori al 95%” spiega Giulio, che ci racconta anche quanto e come è cambiato il lavoro nel tempo. Negli anni la progressiva automazione degli impianti ha consentito non solo di efficientare la produzione, ma anche di agevolare il lavoro degli operatori incaricati di mantenere pulite e sgombre le opere di presa – ovvero i canali (6 km quello del Dezzo e 9 km quello di Mazzunno) che convogliano l’acqua del fiume per portarla alla condotta forzata e successivamente alle turbine – e le griglie che filtrano l’acqua dai rifiuti e dai detriti.

Ai tempi di mio nonno e mio padre il guardiano doveva stare tutto il giorno sull’opera di presa, anche di notte, sotto la pioggia o la tormenta. E soprattutto, doveva intervenire manualmente per rimuovere detriti o ostacoli”. E così, quello che un tempo si faceva manualmente con i rastrelli oggi è compito degli sgrigliatori, che filtrano l’acqua del fiume, e delle paratoie meccaniche, che puliscono i canali dalla sabbia e dalla ghiaia che si depositano nelle vasche. Tutti azionabili a distanza. Grazie alla tecnologia, gli operatori possono controllare le centrali da remoto, monitorando e intervenendo senza dover essere fisicamente presenti. “Monitoriamo costantemente gli impianti dal telefonino, e sempre dal telefono possiamo effettuare molti interventi. Un vantaggio enorme, specie se si considera che alcune opere di presa sono raggiungibili solo a piedi dopo camminate di 40 minuti su sentieri impervi”.

Tutto facile quindi? Per nulla. Ancora oggi quello di Giulio è un lavoro difficile, a cui però lui è molto legato. “La mia vita è qui, in queste valli. Mio nonno ha abitato per anni nella casa del custode accanto alla centrale. Mio papà, le sue quattro sorelle e i suoi due fratelli sono nati e cresciuti accanto alla centrale, e ancora oggi mi chiedono se la turbina dà problemi o come vanno le opere di presa” racconta commosso. “E poi amo questa valle, quando esco a camminare per un’ispezione respiro aria pura, e quando osservo questi panorami mi sento fortunato, ed è la stessa cosa che mi dicono fornitori e tecnici che vengono all’impianto: che fortuna che hai, a lavorare qui!

 

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