La storia della nostra sede: Palazzo Bigli, Samoyloff, Besozzi
Via Borgonuovo, 20
Nel 1498 il palazzo, di proprietà dell’Ordine degli Umiliati, venne acquistato da Paolo Bigli, cancelliere e ambasciatore ducale e rimase a questa famiglia fino al 1826, anno di morte dell’ultimo discendente della casata, Vitaliano Bigli.
Un primo rifacimento della facciata risale al 1619 ad opera di Pietro Guido Bombarda e fu seguito da un riammodernamento più sostanziale dell’intero edificio sotto la direzione dell’architetto Girolamo Quadrio (1623 ca-1679), che fece costruire il porticato nel cortile d’onore e curò le decorazioni ad affresco dei saloni del piano nobile.
La progettazione del monumentale scalone d’onore – a due rampe con parapetto a balaustri e preceduto da un vestibolo a quattro colonne doriche con volta a vela, oggi purtroppo distrutto - spetta a Luigi Vanvitelli (1707-1773), anche se l’esecuzione fu poi diretta dal suo allievo Giuseppe Piermarini (1734-1808).
Il palazzo divenne uno dei centri della mondanità milanese dell’Ottocento quando ne divenne proprietaria la contessa russa Giulia Samoyloff, nata a Mosca nel 1803 e morta a Parigi nel 1875.
Nata contessa Pahlen, nipote del conte Skavronski, era quindi discendente di Caterina I di Russia, moglie di Pietro il Grande. Giulia Samoyloff fece la sua prima apparizione a Milano il 30 gennaio 1828 al ballo del conte magiaro Giuseppe Batthiany nel suo palazzo di Porta Renza.
Da quel momento sarà lei per alcuni anni l’incontrastata protagonista della vita mondana milanese, organizzando nella sua casa memorabili ricevimenti. In particolare, le cronache ricordano un ballo in maschera che il 9 maggio 1832 ospitò un migliaio di invitati; lo stesso giardino per
l’occasione era stato allestito in modo tale da creare piccoli ambienti riservati ma anche sale da ballo immerse nel verde.
Agli arredamenti neoclassici degli interni la contessa Samoyloff fece sovrapporre in alcuni casi lo stile impero caratterizzato dalla bicromia bianco-oro. Il salone da ballo fu affrescato poi da Giovanni Demin (1786-1859) con l’apoteosi di Napoleone Bonaparte, ma in seguito alle opposizioni del governo austriaco la contessa coprì l’opera con una sottovolta, poi demolita nel 1910 prima della distruzione quasi totale degli interni durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale.
La facciata che dà sulla via, restaurata secondo l’originale neoclassico ottocentesco, presenta il pianterreno a bugnato liscio sul quale si aprono due portoni, uno dei quali finto; il piano nobile è costituito da un grande balcone e di finestre sormontate da architravi con timpani triangolari. Il cortile d’onore conserva l’impianto seicentesco: si presenta a pianta quadrata ed è porticato su tre lati dove gli archi poggiano su doppie colonne tuscaniche di granito rosa; le finestre presentano cornici d’intonaco con il cornicione superiore a forte aggetto. Dal criptoportico s’accedeva al famoso scalone, e passando oltre si accede ancora al più ridotto giardino retrostante.
La Samoyloff abitò il palazzo fino al 1855, ma già dal 1852 fu acquistato da Gaetano Perego e dalla moglie, la contessa Maria Durini. Passò poi al conte Giulio Venino come dote della figlia dei Perego, Giuseppina e infine ai Besozzi di Castelbesozzo.
Dalla fine degli anni 40 dello scorso secolo il palazzo appartiene a Italmobiliare.
Per la redazione dei testi e per le immagini le principali fonti sono state:
- il sito dell’ Associazione Dimore Storiche Italiane
- il sito Lombardia Beni Culturali